Gay & Bisex
IL NUOVO ARMADIO (prima parte)
di Foro_Romano
02.10.2013 |
25.303 |
7
"Non vorrei che qualcuno del palazzo si allarmasse”..."
Andrea era un ragazzo come tanti. Aveva appena finito la maturità ed era da tempo negli anni degli ormoni scatenati. Sapeva che gli piacevano gli uomini, ma non lo faceva capire né agli amici o compagni di classe, tanto a lui piacevano gli uomini più grandi, e né, tantomeno, ai genitori. Il suo sfogo lo trovava in Internet. La sera, nella sua cameretta, si collegava ai siti dei filmini porno gay e finiva sempre con una bella sega rilassante. I genitori gestivano un piccolo negozio ed erano impegnati tutto il giorno. Per questo la madre gli chiese di rimanere a casa nel pomeriggio perché sarebbero venuti degli operai a montare il nuovo armadio nella sua camera, più capiente. Disse di si ma, trattandosi di operai, subito la fantasia andò alle storie dei suoi filmini notturni. Il cazzo gli divenne barzotto al pensiero ma poi tornò alla realtà dicendosi che tanto non sarebbe successo niente. Come al solito.
Suonarono il citofono. Erano loro. Aprì la porta e si trovò davanti due pezzi di marcantonio da sballo in tuta da lavoro. Proprio come nei filmini. Dopo il primo attimo di sgomento dovette farsi forza e cercare di scacciare dalla mente le sue fantasie. Li fece entrare. Mostrò loro dove andava messo l’armadio e loro cominciarono subito ad unire le parti e sistemarlo. Rimase lì a guardarli come per far credere che li stesse controllando. In realtà si beava dei loro muscoli, del loro pelo, dei loro toraci possenti. Quasi sbavava. Ma, tanto... portavano ambedue la fede al dito quindi... sarebbe rimasta solo fantasia. Cercava di memorizzare tutto perché poi senza dubbio, si sarebbe tirato l’ennesima sega.
Quando tutto fu finito si sentì in obbligo di offrire loro da bere. O forse voleva prolungare quella tortura per i suoi occhi e per le sue voglie represse. Quello coi baffi era sui quarant’anni mentre l'altro ne avrà avuti una decina in più. Erano piuttosto alti, ma il primo un po’ più dell’altro ed era, bisogna ammetterlo, più affascinante, con quel bel paio di baffi neri.
Proprio lui gli chiese se poteva andare in bagno. Andrea lo accompagnò nel corridoio, fino alla porta. L’uomo non entrò. Lo guardò intensamente. Lo spinse contro il muro e si abbassò a regalargli un profondo bacio, con la lingua completamente dentro la sua bocca. La grossa mano, intanto, andò a lavorargli una chiappetta. Il ragazzo quasi svenne tra quelle forti braccia. Non capiva più cosa stava succedendo. Quando si staccò disse: “Ti ho capito subito. Io riesco a leggere certi sguardi, non sono come il mio collega, e tu sei un bocconcino troppo invitante”. Lo spinse nel bagno, chiuse la porta, e tornò a baciarlo ed a palpeggiarlo. “Lo so, non abbiamo molto tempo, ma fammi sentire che sai fare con la bocca”. Lo spinse in basso, davanti alla patta. Si abbassò la zip della tuta e, messa una mano dentro, abbassò anche l’elastico delle mutande fin sotto le palle e tirò fuori tutto: due grandi coglioni pelosi, un cazzo delle dimensioni già piuttosto voluminose, un profumo di maschio da sballo.
Il ragazzo si sentì catapultato dentro uno dei suoi filmini. Era quello che aveva sempre desiderato. Non credeva a quello che stava vivendo. Era realtà o fantasia? Non ci pensò due volte ad impugnare quella carne ed imboccare la cappella. Era grossa, faceva fatica ad entrare, ma lui la voleva. Era la prima volta che lo faceva. Era la prima volta che sentiva il sapore di un maschio.
L’uomo gli mise le grandi mani sulla testa. A volte solo appoggiate. A volte spingeva per farne entrare di più in quella piccola bocca. Era una cosa obiettivamente impossibile per la grandezza che sempre più andava assumendo la sua mazza. Eppure, tra conati e saliva, quasi la metà era riuscita ad entrare, per qualche secondo, ma quanto bastava per far emettere all’uomo dei grugniti animaleschi che tentava di soffocare e che aggiungevano soddisfazione alla goduria suprema del ragazzo.
“Vincenzo, dove sei?” Si sentì, fuori, la voce del collega che, non vedendo tornare più nessuno, cominciava ad impensierirsi. Andrea si staccò un attimo e, da sotto, con davanti la grossa nerchia che non voleva essere abbandonata, guardò in alto come per sapere cosa fare. L’uomo, con un dito sulla bocca, gli fece cenno di fare silenzio e con gli occhi gli fece capire di non preoccuparsi e di continuare l’impegno assunto. Immediatamente il giovane si riattaccò alla proboscide ormai tutta bagnata e riprese con passione.
La porta, che non era stata chiusa a chiave, si aprì e comparve l’altro che, alla vista di quella scena, rimase allibito. Vincenzo, con le mani sulla testa del ragazzo continuava a fargliela andare su e giù. “Giulio, scusami un attimo. Adesso abbiamo da fare. Aspettami”, disse tranquillo. Ma Giulio non si mosse. Sempre con l’espressione incredula rimase preso dall’eccitazione del momento e cominciò a massaggiarsi il pacco da sopra la tuta.
La pompa andava sempre più veloce. Quel cazzo era diventato enorme e granitico. Entrava ed usciva sempre più coperto di saliva. Anche Giulio tirò fuori il suo che presto raggiunse anch’esso delle dimensioni notevoli, seppure un po’ meno di quelle del collega, e cominciò a menarselo. “Vieni qui, dammi il cambio, ché io voglio un’altra cosa” gli disse Vincenzo e lui non se lo fece ripetere due volte, sostituendo subito il “boccone” al ragazzo. L’altro, intanto, gli andò dietro e gli alzò il sedere, mettendolo a 90 gradi. Gli calò i pantaloni della tuta e le mutande, mettendo in mostra il bel culetto leggermente peloso. “Fantastico!” esclamò, il suo cazzo ebbe un sussulto, e si tuffò con la bocca tra le due piccole natiche per baciare, leccare e bagnare di saliva quella piccola rosa che avrebbe presto deflorato. I baffi e la lingua solleticarono la parte più intima e più vogliosa del giovane frocio, che aveva ormai tirato fuori tutta la sua libidine repressa e gemeva a bocca piena.
Il maschio, dopo aver sputato sul buchetto, si alzò, sputò anche sulla mano con la quale poi avvolse il suo cazzo per poi puntarlo sul buco del piacere, con la voglia di non risparmiargli niente. Il collega godeva di quella bocca avvolgente ma restava sempre in silenzio ed incredulo. L’altro alzò gli occhi e scambiarono gli sguardi. “Tienigli la testa ferma. Non vorrei che qualcuno del palazzo si allarmasse”. “Non vorrai...” Vincenzo non lo ascoltò. Non poteva più fermarlo nessuno. La libidine aveva preso il sopravvento. Afferrò ai fianchi il giovane e con un colpo unico, potente e ben assestato si piantò fino in fondo, fino a toccargli col pelo del pube l’ingresso, spaccandogli il buco vergine e sfondandolo completamente.
Il piccolo corpo si inarcò. L’urlo fu strozzato dal grosso cazzo che aveva in bocca. Le lacrime cominciarono a scendergli sul dolce viso stravolto. “Tieni, prendilo tutto, piccola troia”. Questa ebbe un sussulto di dolore e piacere e se ne venne senza toccarsi. L’animale umano pompava senza sosta l’enorme fallo come un forsennato, con una violenza che il collega non gli aveva mai visto. Non credeva ai propri occhi. Come poteva quel grosso palo entrare in quel corpo così piccolo! Bastò un risucchio un po’ più forte degli altri che non resistette più. “Cazzoooo... godooooo”. Stravolto, si aggrappò alla testa del pompinaro non permettendogli di allontanarsi e lo costrinse a bere tutto il suo sperma. Fino all’ultima goccia. Il primo della sua vita. “Ahhhhh....”
Anche Vincenzo non ce la fece più. Aveva passato il punto di non ritorno. Piantò il suo mostruoso cazzo più in fondo che poté in quel buco ormai completamente spanato e scaricò una quantità incredibile di sborra nel giovane intestino, forse direttamente nello stomaco. Gli ultimi sussulti li ebbe piegandosi sulla schiena dell’inculato, con il cuore a mille.
Quando i due maschi si ripresero uscirono lentamente dai buchi che avevano profanato. Il ragazzo si rizzò lentamente, le gambe non lo reggevano più, e si appoggiò al petto di Giulio, con le lacrime che gli avevano solcato il volto ma con l’espressione soddisfatta di chi aveva finalmente avverato un sogno. L’uomo guardò l’amico. “Come hai potuto...” gli disse, senza rendersi conto di aver ampiamente partecipato anche lui. Sollevò il viso della “vittima” e lo coprì di baci. “Scusaci piccolo, scusaci”. “Ma quali scuse. Questa zoccoletta non aspettava altro. Quello che voleva lo ha avuto... e io me lo sono preso” disse con aria soddisfatta. “E’ vero che ti è piaciuto? Dillo, troia, dillo”. Andrea annuì col capo, ancora tremante per il trattamento ricevuto.
Vincenzo tirò fuori un biglietto da visita aziendale col numero del suo cellulare. “Se ne hai ancora voglia basta che chiami” e glielo dette. “Adesso dobbiamo andare. Abbiamo perso troppo tempo a montare questo... armadio” disse ammiccando al collega. Dette una pacca sul culetto nudo e se ne andarono di casa.
Andrea si toccò il buco. Un rivolo di sborra gli colava lungo la gamba. Si leccò con goduria le labbra ancora bagnate di sperma fresco. Raggiunse il suo letto, si sdraiò e, sentendo l’aria entrare nel suo buco ormai sventrato, si tirò una sega favolosa.
(continua)
N.B. Il racconto è di fantasia. Non scopare mai senza preservativo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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